Presentazione
“Intimità divina” è un nome ormai noto in tutto il mondo, e l’opera che lo ha come titolo non avrebbe bisogno di essere presentata se non fosse la « nuova veste conciliare » ad esigerlo.
L’Opera infatti non è nuova ed è insieme nuova.
L’Autore, il P.Gabriele di .S. Maria Maddalena, O.C.D. (1893 -1953) un maestro eccellente delle vie di Dio, che ad una conoscenza vasta e profonda della teologia spirituale univa un’invidiabile esperienza di anime, la pensò a lungo, decidendosi alla stesura di essa dopo aver ascoltato pareri favorevoli e contrari e dopo essersi convinto che, attraverso lo scritto ideato, poteva raggiungere un numero maggiore di fedeli che non per mezzo di un Trattato di teologia ascetico – mistica a cui lavorava da anni e che gli era richiesto con insistenza da molte parti.
E, ciò che per lui contava soprattutto, “lntimità divina” avrebbe fatto certamente molto più del bene, guidando innumerevoli fedeli a quel colloquio amoroso con Dio, a quel dialogo spirito e verità, che è — secondo Teresa d’Avila — « la porta attraverso coi giunge ogni bene » per la santificazione delle membra del Corpo mistico di Cristo, chiamate al convito di grazia dell’orazione per attingervi la carità teologale che devono irradiare su tutti i fratelli.
Persuaso di questo, pur divorato da mille occupazioni che lo impegnavano nell’insegnamento, nella direzione della Rivista di vita spirituale, nella collaborazione scientifica a pubblicazioni e a dizionari, nella predicazione di esercizi e di ritiri, nel ministero sacerdotale, cercò di trovare tempo anche per il nuovo lavoro. Studiò e organizzò un piano ben particolareggiato cercando poi nel monastero romano di San Giuseppe, a lui particolarmente caro, le collaboratrici. E ai primi di novembre del 1952 egli poteva offrire il primo volumetto. La veste umile e disadorna non avrebbe fatto immaginare il focolare di grazia che l’opera avrebbe suscitato con edizioni su edizioni lussuose e nobili, sia in italiano come nelle varie versioni francese, spagnola, tedesca, inglese, fiamminga, polacca, portoghese, giapponese e croata. Lo stesso Autore, che pure era dotato di una ricca vena di ottimismo naturale e soprannaturale, non avrebbe mai sognato il successo straordinario che Intimità divina era destinata ad avere.
Gli umili volumetti, sei, si susseguirono regolarmente, nonostante che la morte del P. Gabriele (15 marzo I 953) sembrasse che in un primo momento arrestasse il lavoro. La preziosa collaborazione richiesta al Carmelo San Giuseppe non venne meno. Nel cenacolo teresiano di Via Ancillotto, trasferito poi in Via della Nocetta, i numerosi scritti del Padre servirono di fonte preziosa e abbondantissima per la stesura dell’intera opera, presto ultimata secondo gli schemi ed il pensiero delI’Autore.
Questi aveva voluto un’esposizione piana e meditata di tutte le grandi verità della vita spirituale, esposizione innestata e incorporata all’anno liturgico e ai temi fondamentali che esso propone per unire il fedele al mistero di Cristo e della Chiesa. Per questo gli argomenti della teologia spirituale vennero proposti e presentati alla luce dei vari tempi liturgici, anche perché risultassero chiaramente le verità che la sacra Liturgia propone proprio nella preghiera. Il P. Gabriele aveva meditato a Iungo sulla Mediator di Pio XII e ne era entusiasta. Per lui La Liturgia non era rubricistica, ma incontro con Dio nella Chiesa e con la Chiesa, e ci teneva che la preghiera personale s’innestasse – per quanto possibile – nella preghiera pubblica del Corpo mistico, prendendo il tono e l’avvio dalle grandi tappe della storia della salvezza proposte dall’anno liturgico. La realizzazione dell’opera corrispose agli ideali sognati, e molte recensioni, specialmente in paesi di lingua tedesca, sottolinearono il valore liturgico di Intimità divina, pur facendo notare che lo spirito liturgico era orientato a favorire il contatto personale con Dio, mentre a sua volta la dottrina spirituale sicura offerta spingeva a capire e a vivere in maniera nuova il tesoro della Liturgia.
Nel rifiorire degli studi e della valorizzazione della vita liturgica, quanto il Padre aveva progettato non poteva essere che provvidenziale. E le testimonianze provenienti dagli ambienti e dalle regioni più varie danno ragione alla saggezza dell’Autore, mentre sottolineano con forza la riconoscenza di cui si dicono debitrici a lui per Le ricchezza di dottrina spirituale trovata nell’Opera.
Da anni e anni il P. Gabriele si occupava di teologia e, specialmente negli ultimi decenni, di teologia spirituale. Dominava da maestro l’insegnamento di S. Teresa di Gesù e di S Giovanni della Croce, insegnamento che sapeva rendere vivo per la chiarezza e immediatezza delI’esposizione, resa più efficace dalla grande esperienza dì anime che possedeva. Per questo, anche senza che citasse direttamente testi o espressioni, nella sua parola si faceva presto a scoprire l’eco delle parole dei Dottori del Carmelo, diventate già sostanza della sua dottrina. È quello che si nota anche in Intimità divina, dove gli ammaestramenti di S. Teresa e di S, Giovanni della Croce, uniti a quelli degli altri maestri del Carmelo Teresiano, vanno ricercati non solo nelle numerose citazioni esplicite e letterali dagli scritti dei Santi, ma nello stesso fluire corrente dell’esposizione. Ciò spiega la facilità senza stiracchiature con la quale nel volume è offerto il testo liturgico approfondito col dato della teologia spirituale, creando tra Liturgia e pietà una linea di felice unità e continuità molto benefica.
L’Opera già stata pi volte riveduta e ritoccata, tenendo presenti io spirito e la mentalità dell’Autore, figlio fedele della Chiesa che amava con vera passione. Per lui il sentire cum Ecclesia era norma di vita, ed noto come e quanto nutrisse questo sentire con la lettura assidua, e attenta dei documenti che la S. Gerarchia, e specialmente il Sommo Pontefice, promulgavano. Quante volte per giorni e giorni l’abbiamo visto in coro, all’orazione, sprofondato in meditazione sulle grandi encicliche o sui discorsi di Pio XII! Leggeva attentamente, chiudeva il fascicolo, si metteva in serena meditazione prolungata. Le pagine di Intimità divina fin dall’inizio portarono chiare 1e impronte di questo insegnamento pontificio che egli riteneva mezzo di comunione con la Chiesa e strumento insostituibile di aggiornamento teologico sicuro.
Tutto questo ci ha fatto pensare che l’Opera, così come si presenta, pur nello spirito e con i cambiamenti richiesti dalla dottrina del Concilio Vaticano II e dalla Riforma liturgica che lo seguì, possa e debba ancora essere detta del P. Gabriele di S. Maria Maddalena. Il rinnovamento dell’opera corrisponde indubbiamente al suo spirito dì fedeltà alla Chiesa, a cui abbiamo accennato; fedeltà che lo rendeva immediatamente lettore meditativo ed esecutore generoso dei documenti pontifici. A chi Io ha conosciuto è facile immaginare il sorriso aperto e il brillare degli occhi al momento in cui egli avesse potuto avere tra mano le Costituzioni e i Decreti del Valicano II: li avrebbe meditati, studiati, fatti sangue del suo sangue, proponendone le ricchezze con zelo alle anime che avvicinava. Con uguale entusiasmo avrebbe aderito alle direttive della Chiesa per una approfondita conoscenza e assimilazione della Sacra Scrittura posta a base della formazione spirituale dei fedeli, e avrebbe voluto che le meditazioni di Intimità divina si ispirassero il più possibile ai testi scritturistici. È quanto sì è cercato di fare in questa nuova edizione, nella quale la spirito, il pensiero, la dottrina dell’Autore sono stati rispettati nella maniera più piena. L’Opera, è vero, ha avuto nuova stesura; tuttavia sono rimasti invariati il programma e l’impostazione generale, come invariati, sia pure con titoli diversi, più rispondenti alla mentalità di oggi, sono restati gli argomenti e la mens espositiva delle singole meditazioni.
Va inoltre ricordato che la nuova stesura è dovuta alle stesse fedeli collaboratrici della prima ora. Le carmelitane scalze del Monastero San Giuseppe di Roma, le quali aiutarono il P. Gabriele nella stesura di Intimità divina fin dalle prime pagine dell’umile volumetto apparso sulla fine del 1952, si sono assunte il gravoso impegno della revisione, dell’aggiornamento, della redazione del nuovo testo: il lavoro lungo e scrupoloso è stato condotto nello spirito della più grande fedeltà a colui che esse chiamano il Padre che ha trasmesso loro le ricchezze del suo spirito oltre che tutti i suoi scritti. E chi ha conosciuto il P. Gabriele, chi ha avuto la fortuna di poterne essere discepolo, chi ne conosce la dottrina, può assicurare che le nuove pagine, pur nella freschezza della primavera di grazia suscitata dal Vaticano Il, dal rinnovato impulso dato da un ritorno più vitale alla Sacra Scrittura e dalla Riforma liturgica, portano il sigillo e l’impronta inconfondibile dell’insegnamento del grande maestro. È una realtà che, mentre torna a onore del Padre, merita la riconoscenza di tutti per le umili artefici laboriose della nuova edizione le quali hanno cercato di scomparire per lasciar parlare lui.
Intimità divina ha fatto un bene immenso. Si è diffusa silenziosamente in tutto il mondo, portando ovunque, nel nome della spiritualità del Carmelo Teresiano, desideri e propositi di comunione e di dialogo con Dio, a bene di tutta la Chiesa. La nuova edizione indubbiamente continuerà nella scia, già aperta. Innamorando i fedeli del colloquio con Dio, li renderà più generosi e disponibili nel servizio della Chiesa e di tutti i fratelli.
Valentino di S. Maria, o.c.d.
Roma, 15 agosto 1971
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