Si trasfigurò…

PRESENZA DI DIO

O Gesù, che la tua grazia trionfi in me
fino a rendermi degno di partecipare
alla tua gloriosa Trasfigurazione.

 

MEDITAZIONE

1

L’Anima di Gesù, unita personalmente al Verbo, godeva della visione beatifica, il cui effetto connaturale è la glorificazione del corpo. Ma tale effetto fu impedito da Gesù che, durante gli anni della sua vita terrena, volle il più possibile assimilarsi a noi, rivestendosi di «una carne simile a quella del peccato» (Rom 8,3).

Tuttavia, per confermare nella fede gli Apostoli rimasti scossi dall’annuncio della sua Passione, Gesù, sul monte Tabor, lasciò che per brevi istanti alcuni raggi della sua anima beata ridondassero nel suo corpo e allora Pietro, Giacomo e Giovanni lo videro trasfigurato: «il suo viso risplendeva come il sole e le sue vesti erano candide come la neve».
I tre ne rimasero estasiati, eppure Gesù non aveva mostrato loro che un raggio della sua gloria, giacché nessuna creatura umana ne avrebbe potuto sopportare la visione completa.

La gloria è il frutto della grazia; la grazia che Gesù possiede in misura infinita, ridonda in una gloria infinita che tutto lo trasfigura. Qualche cosa di simile avviene anche a noi: la grazia ci trasforma, ci trasfigura «di gloria in gloria» (2 Cor 3, 18), finché un giorno, in cielo, ci introdurrà nella visione beatifica di Dio. E mentre la grazia trasfigura, il peccato, con la sua opacità, sfigura coloro che ne sono vittime.

Il Vangelo del giorno mostra l’intimo rapporto fra la Trasfigurazione e la Passione di Gesù. Mosè ed Elia, apparsi sul Tabor, accanto al Salvatore, parlavano con lui e, come specifica S. Luca, parlavano proprio della sua prossima Passione, «del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme» (Lc 9, 31)

Il divin Maestro vuol così insegnare ai suoi discepoli che è impossibile per lui e per loro giungere alla gloria della Trasfigurazione, senza passare attraverso la sofferenza; è la lezione che darà più tardi ai due discepoli di Emmaus: «Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?» (Lc 24, 26).
Ciò che il peccato ha sfigurato non può ritornare alla primitiva bellezza soprannaturale, se non per mezzo della sofferenza purificatrice.

2

Pietro, estasiato dalla visione del Tabor, col suo solito ardore esclama: «…è bello per noi essere qui» e si offre a preparare tre tende: per Gesù, per Mosè e per Elia. Ma la sua proposta è interrotta da una voce dall’alto: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!» e la visione scompare.

Le consolazioni spirituali non sono mai fine a se stesse e noi non dobbiamo né desiderarle, né cercare di trattenerle per nostro godimento.

La gioia, anche quella spirituale, non deve mai essere cercata per se stessa; come in cielo la gioia sarà la necessaria conseguenza del possesso di Dio, così su questa terra deve essere unicamente un mezzo per darci con maggior generosità al servizio di Dio.

A Pietro, che chiede di fermarsi sul Tabor nella dolce visione di Gesù trasfigurato, Dio stesso risponde invitandolo piuttosto ad ascoltare ed a seguire gli insegnamenti del suo Figlio diletto.
E ben presto l’Apostolo ardente saprà che seguire Gesù, significa portare la croce e salire il Calvario con lui.

Dio non ci consola per trastullarci, ma per incoraggiarci, per renderci forti e generosi nel soffrire per amor suo.

Scomparsa la visione, gli Apostoli alzarono gli occhi e non videro più nulla «nisi solum Jesum», tranne Gesù solo, e con «Gesù solo» discesero dal monte.

Ecco quello che dobbiamo sempre cercare e che ci deve bastare: Gesù solo, Dio solo. Tutto il resto – consolazioni, aiuti, amicizie anche spirituali, comprensione, stima, appoggio anche dei superiori – può essere buono nella misura in cui Dio ci permette di goderne e molto spesso Egli se ne serve proprio per sostenere la nostra debolezza; ma quando, o attraverso le circostanze, la Mano divina ci priva di tutto ciò, non dobbiamo né sgomentarci, né smarrirci. Sono proprio questi i casi in cui, più che mai, possiamo testimoniare a Dio – con i fatti e non con le parole – che Egli è il nostro Tutto e che Egli solo ci basta.

È questa una delle più belle testimonianze che un’anima amante può rendere al suo Dio: essergli fedele, fidarsi di lui, perseverare nel proposito di una dedizione totale, anche quando Egli, ritirando tutti i suoi doni, la lascia sola, al buio, forse nell’incomprensione, nell’amarezza, nella solitudine materiale e spirituale accoppiata con la desolazione interiore.

È allora il momento di ripetere: «Gesù solo» e di scendere con lui dal Tabor per seguirlo con gli Apostoli fino al Calvario, dove Egli stesso agonizzerà abbandonato non soltanto dagli uomini, ma anche dal Padre suo.

COLLOQUIO

«Io amo te solo, mio Dio,
seguo te solo, cerco te solo,
son pronto a seguire te solo … 
Ordina, ti prego, comanda tutto, quello che vuoi,
però guarisci, apri i miei occhi, affinché io veda i tuoi cenni;
guariscimi tutto affinché io ti riconosca.
Dimmi da che parte debba volgere la mia attenzione affinché ti veda;
e spero saprò fare tutto quello che mi comandi…»)

(S. Agostino).

Sì o Gesù che io segua te solo e ti segua non solo sul Tabor ma soprattutto sul Calvario.

Il Tabor è luce, è splendore che mi attira; vorrei, anche solo per un istante, intravedere il tuo Volto, o mio Dio!

Il Calvario è notte, è solitudine, è dolore cupo che mi spaventa ma nelle tenebre s’innalza una croce e su quella croce io contemplo te, crocifisso per amore.

Intravedo il tuo Volto non trasfigurato dalla gloria, ma sfigurato dal dolore, frutto dei nostri peccati.

O Gesù, distruggi in me il peccato, quel peccato che ha sfigurato il tuo Volto, quel peccato che ha sfigurato l’anima mia creata ad immagine e somiglianza tua .. Ma perché avvenga questa distruzione è necessario che io partecipi al tuo Calvario, alla tua Croce: degnati, dunque, o Signore, di associare alla tua Passione tutte le sofferenze piccole e grandi della mia vita, affinché per esse io sia purificato e venga disposto a salire di chiarezza in chiarezza, fino alla totale trasfigurazione in te.
La luce la gloria del Tabor mi incoraggia.

Grazie, o Signore di avermi concesso, sia pure per brevi istanti, di contemplare il tuo splendore, di godere delle tue divine consolazioni; così rinfrancato e incoraggiato scendo dal monte per seguire te solo, fino al Calvario.

La trasfigurazione annuncia la beata passione.

Gesù indicò agli apostoli che solo attraverso la passione
possiamo giungere al trionfo della risurrezione.

cfr. Prefazio proprio